Articoli
Educazione e cura della prima infanzia tra obiettivi raggiunti e nuove prospettive europee
I sistemi di educazione e di cura della prima infanzia rappresentano da sempre una risposta educativa, e al contempo sociale, alle esigenze di crescita dei bambini e di supporto alle famiglie. Percepita come un’esigenza sociale a partire dalla fine del Settecento (sebbene con esperienze primitive di custodia e sorveglianza) l’assistenza all’infanzia, nasce come risposta alla necessità della donna di entrare nel mondo del lavoro, più che come elemento di diritto educativo dei bambini.
di Alessia Rosa
I sistemi di educazione e di cura della prima infanzia rappresentano da sempre una risposta educativa, e al contempo sociale, alle esigenze di crescita dei bambini e di supporto alle famiglie.
Percepita come un’esigenza sociale a partire dalla fine del Settecento (sebbene con esperienze primitive di custodia e sorveglianza) l’assistenza all’infanzia, nasce come risposta alla necessità della donna di entrare nel mondo del lavoro, più che come elemento di diritto educativo dei bambini.
Solo intorno alla metà dell’Ottocento assistiamo ai primi veri tentativi di creare strutture volte all’insegnamento e alla cultura, attraverso il lavoro di pedagogisti importanti come Froebel, le sorelle Agazzi e Maria Montessori che hanno posto le basi della scuola dell’infanzia, così come la conosciamo oggi. Tali autori hanno definito le modalità attraverso cui le istituzioni per la prima infanzia possono accompagnare i bambini nell’acquisizione di conoscenze e competenze importanti, introducendoli, contemporaneamente, alla vita comunitaria fatta di regole, interazioni e soprattutto, relazioni affettive.
In Italia i tempi di un riconoscimento pubblico delle proposte educative per i più piccoli sono relativamente recenti, e solo nel 1968 viene istituita la “scuola materna” mentre l’anno successivo ha aperto le porte il primo nido comunale.
A più di cinquant’anni di distanza la strada da percorrere è ancora molta, soprattutto all’interno di un più ampio spazio di confronto europeo.
La Proclamazione interstazionale sul Pilastro europeo dei diritti sociali dichiara che i “I bambini hanno diritto all’educazione e cura della prima infanzia a costi sostenibili e di buona qualità”.
Affinché ciò avvenga, è indispensabile individuare strategie comuni, definizioni condivise di priorità e standard qualitativi appropriati, elementi decisivi per la prima esperienza formativa a cui possono potenzialmente accedere i 31 milioni di bambini sotto i 6 anni ad oggi presenti sul territorio europeo.
La seconda edizione dello studio Cifre chiave sull’educazione e la cura della prima infanzia in Europa, si pone l’importante obiettivo di delineare un’analisi comparativa e aggiornata dei sistemi ECEC in trentotto paesi europei, ponendo le basi per un confronto indirizzato allo sviluppo di politiche comuni.
Governance, accesso, personale, linee guida educative, valutazione e monitoraggio sono le cinque dimensioni qualitative considerate nel presente rapporto.
I dati del rapporto individuano con forza una serie di “questioni irrisolte” a cui è necessario porre urgentemente rimedio, per colmare aspetti di diseguaglianza tra le opportunità garantite alle famiglie italiane e quanto accade in altri Paesi.
Ad esempio per quanto riguarda l’accesso alle strutture 0-3, l’Italia non fa parte dei Paesi (in tutto sette tra gli Stati membri) che garantiscono a tutti gli aventi diritto la frequenza degli asili nido e ciò ha ripercussioni importanti su aspetti molteplici, primo tra tutti il lavoro delle madri come dimostrano i dati raccolti dall’osservatorio Openpolis .
Inoltre la difficoltà di accedere ai nidi pubblici ha portato alla prolificazione di molteplici proposte private, e talvolta alternative, che configurano un panorama in cui non sempre la qualità dell’offerta formativa può essere garantita, a questo proposito il report evidenzia come anche l’offerta domiciliare è limitatamente regolamentata.
Diversa è la situazione della scuola dell’infanzia in cui sono stati raggiunti gli obiettivi di riferimento del documento “Istruzione e formazione 2020” che richiede il 95% delle iscrizioni tra gli aventi diritto.
Anche sulla valutazione esterna e interna delle strutture ECEC l’Italia pare porsi in una posizione secondaria. La definizione di sistemi strutturati potrebbe essere un prezioso elemento di crescita per valutare o monitorare le performance delle strutture, fornire resoconti sulla qualità dell’offerta e soprattutto individuare spazi e modalità di miglioramento.
La valutazione degli obiettivi raggiunti dai bambini invece riguarda solo la scuola dell’infanzia, in ottica naturalmente formativa e non sommativa, lasciando talvolta i più piccoli a uno spontaneismo non sempre funzionale per un percorso di crescita.
Per quanto riguarda invece i titoli d’accesso del personale educativo l’Italia sta facendo importanti passi avanti e sebbene il rapporto dia conto dell’anno precedente, è giusto sottolineare che nei prossimi anni scolastici l’accesso ai posti di educatore nei servizi per l’infanzia sarà consentito esclusivamente a coloro che sono in possesso della laurea triennale in Scienze dell’educazione nella classe L19 a indirizzo specifico
Per la scuola dell’infanzia invece da oltre venti anni è stato istituito il corso di laurea a ciclo unico in Scienze della formazione primaria a indirizzo scuola dell’infanzia.
Anche per quanto riguarda il modello di governance che organizza le strutture 0-6 all’interno di un continuum educativo, assistiamo ad un progressivo adeguamento da parte del sistema italiano a partire dall’istituzione del sistema integrato 0-6 (Decreto legislativo 65 del 2017).. Sebbene dunque si evincano ancora passi importanti da compiere è indubbio che molte delle istanze evidenziate dal confronto europeo sono state, nel nostro Paese, complessivamente accolte e progressivamente integrate in un’ottica di sistema a lungo raggio.
Gli elementi di riflessione qui brevemente esposti sono solo una minima parte di quelli proposti all’interno della seconda edizione dello studio “Cifre chiave sull’educazione e la cura della prima infanzia in Europa” e che meritano di diventare oggetto di riflessione non solo per chi coordina e governa i sistemi 0-6 ma anche per gli educatori e gli insegnanti, con l’obiettivo di acquisire una progressiva consapevolezza del ruolo e del valore della propria professione in chiave europea.
L’interesse dell’unità italiana di Eurydice per le istituzioni educative connesse alla fascia 0-6 ha portato, attraverso il supporto dei colleghi delle unità europee, alla pubblicazione di un rapporto sulle modalità con cui è stata affrontata l’emergenza covid-19 per garantire i diritti di cura ed educazione ai più piccoli.