Articoli

26 Aprile 2022

Come si diventa insegnante in Europa

Un cenno dall’ultimo Quaderno di Eurydice Italia

di Simona Baggiani

Pochi giorni fa è stata approvata dal Governo la proposta di riforma per la formazione iniziale e continua e per il reclutamento dei docenti della scuola secondaria, aspetti che da tempo ormai attendevano un’azione rinnovatrice.

L’uscita dell’ultimo quaderno della collana editoriale “I Quaderni di Eurydice Italia”, Insegnanti in Europa: carriera, sviluppo professionale e benessere, dedicato alla figura del docente in chiave comparata europea si colloca pertanto in un contesto nazionale in cui il dibattito sui temi legati a questa professione è di estrema attualità.

Il quaderno accoglie la traduzione italiana del rapporto della rete Eurydice, Teachers in Europe: Careers, Development and Well-being che ha come focus gli insegnanti della scuola secondaria inferiore e combina dati Eurydice basati sulla normativa nazionale con i dati sulle pratiche e le percezioni degli insegnanti tratti dall’indagine internazionale TALIS 2018 dell’OCSE; offre quindi evidenze sia sulle politiche che sulle pratiche in chiave comparata.

Figura 1

Tale rapporto si inserisce in un contesto politico europeo, oltre che nazionale, in cui si continua a riaffermare la centralità del ruolo degli insegnanti in tutti i sistemi educativi e a riconoscerne la forza trainante nel processo di apprendimento degli studenti. In tutti gli ultimi documenti programmatici si invitano, infatti, gli Stati membri a mettere in atto politiche per migliorare e valorizzare la professione docente, per formare insegnanti motivati e competenti.

Le Conclusioni del Consiglio del 26 maggio 2020 sugli insegnanti e formatori europei per il futuro già riportavano all’attenzione la centralità del ruolo di queste figure sottolineando al contempo come gli insegnanti siano stati e saranno sempre più le principali figure di contrasto alla crisi globale.

La successiva Comunicazione della Commissione sulla realizzazione dello spazio europeo dell’istruzione entro il 2025 indica come uno dei sei pilastri essenziali per la costruzione di uno spazio europeo comune quello riferito a “insegnanti e formatori”.

Infine, nella recente Risoluzione del Consiglio su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore Istruzione e Formazione verso uno spazio europeo dell’istruzione e oltre (2021-2030), una delle cinque priorità strategiche per il prossimo decennio viene addirittura dedicata agli insegnanti e formatori. Si chiede agli Stati membri, infatti, di rafforzare le competenze e la motivazione nelle professioni nel settore dell’istruzione (cfr. Priorità strategica 3).

Tuttavia, se da una parte si riconosce universalmente agli insegnanti il loro ruolo cruciale che si evolve con l’insorgere di nuove esigenze, aspettative e responsabilità, dall’altra si assiste anche, ormai da un po’ di anni, a una crisi professionale piuttosto importante, che vede sistemi scolastici sempre più in difficoltà nel reclutare insegnanti motivati e competenti.

Nella maggioranza dei paesi europei, la professione docente attrae, infatti, sempre meno giovani e ne perde altri già formati. Molti sistemi educativi stanno già soffrendo di significative carenze di docenti (in particolare per le discipline STEM e per il sostegno agli studenti con bisogni speciali, oltre che in specifiche aree geografiche). Questa problematica riguarda ben 35 sistemi educativi in Europa (otto di questi, tra cui anche l’Italia, soffrono sia di carenze che di eccesso di offerta).

Figura 2

Questi problemi di carenza e di eccesso di offerta possono essere dovuti a diverse ragioni, a seconda dei diversi contesti nazionali, ma sicuramente le cause più comuni sono la mancanza di pianificazione nella formazione iniziale dei docenti e anche un sistema di reclutamento carente, magari con procedure di concorso o assunzione rare e lente, anche a causa della riduzione della spesa nel settore pubblico, che ha interessato molti paesi europei, compreso il nostro.

Al problema delle carenze si aggiunge in molti paesi anche quello dell’invecchiamento della popolazione docente che interessa più della metà dei sistemi educativi. I dati Eurostat indicano infatti che, a livello UE, quasi il 40% degli insegnanti del livello secondario inferiore ha oltre 50 anni, (in Italia il dato è più del 50%) e meno del 20% ha meno di 35 anni (in Italia solo il 6,4%; solo la Grecia e il Portogallo hanno dati inferiori con il 4,6% e 3,4% rispettivamente).

In Italia, insieme a pochi altri paesi, l’invecchiamento della popolazione docente coesiste sia con carenze che con eccessi di offerta, rendendo il quadro generale ancora più complesso e richiedendo una risposta politica ancora più mirata.

A tutto ciò si aggiunge, nel nostro paese, anche il problema del precariato: ossia, pochi docenti giovani e quasi tutti precari. Sotto i 35 anni ben il 78%, ma anche tra i 35 e i 49 anni, la percentuale dei docenti precari è sempre piuttosto alta, del 32%.

Questo dato cosa ci dice? Certamente che il processo di reclutamento, o più in generale le procedure di accesso alla professione docente, i cui meccanismi dovrebbero essere fortemente interconnessi alla formazione iniziale, sono un nodo problematico nel nostro paese.

E nel resto d’Europa? come si diventa insegnanti?

Come si vede dalla figura, per diventare un insegnante di scuola secondaria inferiore, la maggioranza dei sistemi educativi europei, compreso il nostro, richiede una qualifica minima equivalente alla laurea magistrale (corrispondente al livello ISCED 7). Ci sono due principali modelli di formazione iniziale in Europa , la cosiddetta ITE nelle indagini internaizonale, ossia Initial Teacher Education: il percorso cosiddetto concorrente (o simultaneo) e il percorso consecutivo. Nel primo percorso gli studenti frequentano corsi di formazione professionale teorica e pratica contemporaneamente ai corsi di istruzione generale. Nel percorso consecutivo, invece, gli studenti acquisiscono un titolo di istruzione terziaria in un particolare ambito disciplinare e, solo successivamente, seguono una formazione professionale teorica e pratica.

Figura 3

Numerose evidenze hanno dimostrato ormai che la formazione iniziale, per essere efficace, dovrebbe comporsi, come accade quasi ovunque in Europa, di tre elementi cardine: conoscenze disciplinari, teoria pedagogica (generale e relativa alla disciplina) e pratica in classe o tirocinio (in-school placement). Nella figura qui sotto si mostra la durata minima della formazione iniziale (colonne rosa), della formazione professionale (colonne verdi) e del tirocinio (colonne blu).

Figura 4

La formazione professionale (Professional training), come inteso in questo quaderno, è una parte della formazione iniziale che fornisce ai futuri insegnanti sia le conoscenze teoriche specifiche che le abilità pratiche per la professione di insegnante (non include le conoscenze accademiche della disciplina che si andrà ad insegnare). Il tirocinio (in-school placement) è parte integrante del professional training e, di solito, è una formazione pratica non remunerata in una scuola che può essere integrato in diverse fasi della formazione iniziale.

Nonostante quasi tutti i sistemi educativi includano nei programmi anche una parte di formazione professionale affiancata allo studio delle discipline accademiche, la sua durata varia notevolmente da un paese all’altro. La percentuale di formazione professionale inclusa nei percorsi di studio per diventare insegnante va infatti da un 50% della durata totale della formazione iniziale nel Belgio francese, Irlanda e Malta a un 8% in Italia e Montenegro. In Italia, infatti, attualmente, per diventare insegnante nelle scuole secondarie, i laureati devono superare un concorso, la cui ammissione richiede l’acquisizione di 24 CFU in discipline antropo-psico-pedagogiche e in metodologie e tecnologie didattiche. Oltre tutto, nel nostro paese manca, al momento, un periodo di pratica in classe per i futuri docenti del secondario.

Figura 5

A completamento dei dati Eurydice, la figura qui sopra elabora dati TALIS 2018 e mostra la percentuale di insegnanti che ha riferito di aver ricevuto una formazione iniziale che includesse tutte e tre le principali componenti. Mostra anche le risposte dei giovani insegnanti (con meno di 35 anni) che servono per comprendere i cambiamenti della formazione negli anni più recenti.

Come si può vedere da questa figura, in Europa, quasi il 70% di tutti gli insegnanti riferisce di essere stato formato in tutti e tre i principali aspetti della formazione. La maggioranza degli insegnanti in UE (84,3%) riferisce anche che la pratica a scuola ha fatto parte della loro formazione iniziale. La percentuale arriva a 98,1% in Finlandia e a 97,1% in Inghilterra. Solo in Spagna, Francia e Italia, il tasso è inferiore al 60%, con la percentuale più bassa della Spagna (41,5%).

Tuttavia, in Spagna e Francia, a differenza dell’Italia, la percentuale dei giovani insegnanti sotto i 35 anni che riferisce di aver completato una formazione iniziale in cui erano inclusi tutti e tre gli elementi fondamentali è più alta. E ciò molto probabilmente riflette il risultato di politiche recenti che hanno introdotto in questi paesi cambiamenti nella struttura e nel contenuto della formazione iniziale, rafforzando anche la parte professionalizzante. In Italia si osserva, invece, il trend opposto.

Per quanto riguarda la fase strutturata di sostegno fornita agli insegnanti che si affacciano alla professione, chiamata induction nelle indagini internazionali, può essere organizzata in diversi modi in Europa. In numerosi sistemi educativi, si svolge all’inizio del primo contratto come insegnante (vd il caso dell’Italia), quindi gli insegnanti che accedono a questa fase sono già insegnanti a pieno titolo; mentre per altri è un ulteriore passo verso lo status di insegnante a pieno titolo.

Come si vede dalla figura sotto, nella maggioranza dei sistemi educativi questa fase è obbligatoria.

Figura 6

Durante questa fase, i nuovi insegnanti svolgono interamente o parzialmente i compiti che spettano agli insegnanti esperti, e sono retribuiti per la loro attività. Normalmente, l’induction include formazione e valutazione e un mentor, spesso appositamente formato, che fornisce ai neo-insegnanti sostegno personale, sociale e professionale.

L’offerta dell’induction può, inoltre, contenere diversi elementi, principalmente il mentoring e diverse attività di sviluppo professionale, ma anche il team teaching ed eventualmente può essere previsto anche un carico ridotto di insegnamento per i nuovi docenti. Sebbene questa pratica sia riconosciuta come un sostegno particolarmente utile durante l’induction, è un diritto solo in un terzo dei sistemi educativi.

Infine, nella maggior parte dei paesi europei, in cui l’induction è obbligatoria o raccomandata, i nuovi insegnanti vengono sottoposti a una valutazione formale alla fine di questa fase.

La valutazione al termine della fase di induction può essere effettuata con diversi obiettivi, come si può vedere dalla figura qui sopra. L’analisi rivela che in più della metà dei sistemi educativi (compreso il nostro) è necessaria una valutazione alla fine di questa fase per confermare l’assunzione.

Per consultare, scaricare o richiedere gratuitamente il quaderno Insegnanti in Europa: carriera, sviluppo professionale e benessere


Tag: Personale dell'istruzione